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Enti locali

Ex Om, i lavoratori al prefetto: 'Vogliamo risposte per la reindustrializzazione'

Venerdi' incontro alla Regione

ul capo dei lavoratori dell'ex OM Carrelli di Bari-Modugno si addensano nubi sempre più nere. Dopo il fallimento del progetto americano di costruzione di un'auto elettrica nello stabilimento barese e la conseguente fuga degli investitori di Tua Industries, sono stati diversi i tentativi di dialogo con le istituzioni locali, anch'esse lasciate al palo dal disimpegno della cordata statunitense.

Stamattina i 194 operai ex OM Carrelli hanno provato a giocare la carta della disperazione, con un presidio in piazza prefettura e la richiesta di udienza da parte del prefetto di Bari Marilisa Magno.
«Al prefetto – spiega Saverio Gramegna, rappresentate della sigla FIOM CGIL Bari – abbiamo rappresentato il triplice problema che grava sui lavoratori ex OM: il vecchio pezzo di cassa integrazione, la possibilità di attivare una nuova cassa integrazione in deroga e il percorso di reindustrializzazione. Abbiamo ricevuto dal prefetto la promessa che solleciterà i vari attori coinvolti, a cominciare dallo studio di Torino che elabora gli SR41 (i moduli necessari per avviare il pagamento della vecchia cassa, NdR), fino al Ministero e alla Regione affinché ci vengano date le risposte che attendiamo».
Ed è proprio la Regione Puglia uno degli enti maggiormente coinvolti in questa vicenda paradossale. Prima di Natale ci fu negli uffici dell'assessorato ragionale al Lavoro un vertice con il presidente Emiliano e la dottoressa Alessandra Giovetti, curatore fallimentare dell'azienda nominato dal Tribunale di Torino, che però sembrerebbe non aver avuto seguito. «A oggi – prosegue Gramegna - non abbiamo avuto nessuna risposta concreta dalla Regione, che ha fissato un nuovo incontro per venerdì pomeriggio, sperando che abbia delle novità da darci. Sappiamo che ci sono due o tre potenziali investitori interessati, e ci auguriamo che proseguano su questa strada, l'unica reale possibilità di trovare una soluzione per questi operai. Senza nuove risorse che diano risposte alla quota-parte che la curatela fallimentare deve garantire, per altro, non si può sbloccare neanche l'erogazione della nuova cassa integrazione. Serve che qualcuno ci metta la volontà imprenditoriale al di là degli slogan, con cui non si mangia».
Un'altra possibile strada, più volte caldeggiata con forza dalle sigle sindacali, è quella di investire denaro pubblico almeno per tamponare una crisi che non sembra trovare soluzioni. Ancora Gramegna: «Abbiamo più volte richiesto l'intervento di Cassa Depositi e Prestiti in questa vicenda che ha già sofferto del fallimento degli accordi istituzionali, ma a oggi ancora non abbiamo novità da parte della task-force ministeriale. C'è bisogno, soprattutto al Mezzogiorno, di qualcosa che veda lo Stato concretamente presente, e questa è la funzione di Cassa Depositi e Prestiti. L'idea che i privati salvino questa nazione è bella e romantica, ma difficilmente può rispondere alle esigenze concrete di questi lavoratori, che da tre mesi non percepiscono stipendio e non sanno come portare il pane a casa».
«Abbiamo accettato il progetto di Tua Industries – conclude il rappresentante di FIOM CGIL – perché rispondeva a una reale esigenza di mercato e perché vedeva gli organi statali, da Invitalia al Ministero, essere presenti e ricettivi. È noto, purtroppo, che però le risposte a questi lavoratori ancora non sono state date»
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