La storia di A. e del suo essere bambino discriminato

A soli sette anni costretto a chiedere affetto dai suoi coetanei

venerdì 21 dicembre 2018 9.02
Il piccolo A. ha soli sette anni. Sguardo che ti rimane impresso, occhi tristi che ti chiedono, o quantomeno te lo fanno capire, affetto. Una parola magica soltanto sulla carta. A. ha frequentato la seconda elementare alla scuola De Amicis. Ha frequentato. Ora la classe, con i suoi amichetti non c'è più. La dirigente Margherita Biscotti ha dovuto concedere nulla osta e trasferimenti (prima temporanei ora definitivi) ai genitori preoccupati di episodi violenti (cosi' hanno raccontato) a cui i loro figli avrebbero dovuto assistere. Episodi che sarebbero stati segnalati alla dirigente e poi alle istituzioni (compresa l'Asl) e che avrebbero messo in moto tutta un'equipe che adesso segue il bambino a casa e a scuola. Seguono. Non braccano. A. ha un problema: sente la mancanza di suo padre oggi in carcere. Spera di poterlo riabbracciare presto. Ma non sa che adesso il suo sogno non puo avverarsi. Allora chiede affetto ai suoi coetanei. Chi sono? I compagni di classe. Quale classe? Adesso ne ha un'altra. Ha conosciuto gli amichetti ieri. Avrebbe dovuto conoscerli già qualche giorno fa ma i genitori, non tutti, hanno deciso di tenere a casa i propri figli. Si sarebbero opposti a quella che hanno definito una scelta calata dall'alto. In molti dicono che quel bambino sarebbe violento e che avrebbe bisogno di strutture adeguate. A invece ha solo bisogno di essere accettato. A. ha tutto il diritto di essere un bambino. Nell'ultimo anno lui e sua madre sarebbero stati additati. C'è chi si sarebbe permesso, un anno fa, di andare dai Carabinieri con i propri figli per denunciare. Al momento ci sarebbe soltanto una segnalazione tanto che ad occuparsi del bambino sarebbero i Servizi Sociali a.cui è stata affidata la potestà genitoriale.
Sui social si è aperto il dibattito. Un'agora dove chiunque scrive quello che si potrebbe fare o non fare per A. Un gruppo di genitori avrebbe incontrato anche il primo cittadino Nicola Magrone per chiedere un intervento. Quale? Noi abbiamo chiesto invece una dichiarazione all'avvocato Graziana Trentadue che segue il caso. "Quella di cui mi occupo è una storia triste. A. è un bambino a cui è stato negato il diritto allo studio e all'inclusione.
Da un lato ci sono le istituzioni, con i loro tempi e i loro limiti, dall'altro c'è una parte della società che afferma che la "normalità " non deve essere insidiata dalla "diversità " di A.
Il mio impegno ha lo scopo di garantire il rispetto dei diritti di una famiglia che sta attraversando un periodo difficile e di dimostrare che l'inclusione può e deve essere una risorsa x tutti e non un "problema" delle istituzioni. Viviamo l'era delle distanze, che diventano sempre più marcate: tra zone geografiche, tra ricchi e poveri, tra etnie, tra generi, tra esseri umani. Per fortuna ci sono i diritti, quelli inalienabili, e tra questi ci sono il diritto allo studio ed il diritto all'inclusione.
Perché sia garantito il diritto all'affermazione di ogni essere umano, e al di sopra di tutto, "di ogni bambino"..Il mio impegno ha l'unico scopo di garantire uguali opportunità anche ad A., che è semplicemente "speciale" rispetto ai normali. Con la forza del diritto".