Operai costretti a lavorare per 2,2 euro l'ora a Modugno, due denunciati

Padre e figlio, cinesi incensurati, gestivano una azienda di import/export nella zona industriale sorvegliando i dipendenti anche con telecamere

venerdì 11 ottobre 2019 11.43
Obbligavano i loro sette operai, 4 africani e 3 cinesi, dei quali 2 irregolari sul territorio nazionale, a lavorare nel loro negozio di import/export alla zona industriale di Modugno, per una paga di 2,2 euro l'ora, con giornate di lavoro di ben 10 ore. Per questo motivo i carabinieri hanno deferito in stato di libertà un 55enne, titolare di una impresa di import/export ed il figlio 27enne, entrambi incensurati.

Nel corso di preliminari servizi di osservazione, i miliari operanti avevano focalizzato la loro attenzione su un capannone nella zona industriale, ove riscontravano, alle prime ore del giorno, un andirivieni di operai di origine africana ed asiatica, a bordo di biciclette o anche a piedi, che raggiungevano il luogo di lavoro per abbandonarlo solo in tarda sera. Al fine di verificare il rispetto delle norme poste a tutela dei lavoratori, i militari decidevano di effettuare un controllo, accertando che in realtà si trattava di una vera e propria impresa di spedizioni all'intero della quale lavoravano i 7 operai. Tutti loro sono stati identificati dai militari mentre erano intenti a scaricare un camion di addobbi natalizi. Durante il controllo è stato anche accertato che il titolare era un cittadino cinese, ma di fatto le attività quotidiane erano dirette dal figlio, il quale aveva reclutato gli operai, stabiliva i turni, distribuiva le buste paga e autorizzava le pause.

Tutti i lavoratori erano occupati in condizioni di sfruttamento in quanto lavoravano per 10 ore al giorno, con paga oraria di 2,20 euro in luogo dei 9 euro previsti dai contratti collettivi nazionali. Non erano stati sottoposti alla prescritta visita medica e non avevano ricevuto alcuna formazione sui rischi per la salute e sicurezza del lavoratore. Il controllo sugli operai era invece preciso e costante, basato su un sistema di telecamere interne che riprendevano tutte le loro prestazioni. Da parte loro, gli operai, bisognosi di lavorar per mantenere le famiglie nei paesi di origine, accettavano le condizioni di sfruttamento.

Al termine degli accertamenti l'imprenditore ed "il caporale" sono stati deferiti in stato di libertà con l'accusa di sfruttamento del lavoro per omessa formazione dei dipendenti sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro e mancata valutazione delle condizioni di salute in relazione all'impiego; per la violazione delle disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare; per il divieto di assunzione di lavoratori privi di permesso di soggiorno e per il divieto di uso di impianti audiovisivi per il controllo dei lavoratori. Contestualmente sono state elevate sanzioni amministrative ed ammende per quasi 41 mila euro.